Il punto di vista dell'editore: intervista a Guido Tommasi
Volevo il punto di vista dell'editore e ho trovato molto di più.
Guido Tommasi ha reso grande l'editoria culinaria italiana, è stato un privilegio intervistarlo per Letture ai fornelli.
Nell'universo dell'editore
La nostra conversazione telefonica è cominciata con la mia seguente frase: "Per me è un po' come parlare con una rockstar. Sono molto emozionata".
Sfoglio i libri di Guido Tommasi Editore da parecchio tempo. È stato un innamoramento inconsapevole e leggero, come accade negli episodi più romantici della vita, che si è fatto forte mentre capivo cosa mi emozionava veramente dei libri di cucina. Quando le storie si intrecciano con le ricette esplode un mondo che sconfina la cucina e si perde nella vita di chi il libro l'ha scritto e, come scoprirete nell'intervisa che segue, spesso anche in quella di chi l'ha pubblicato.
Avere la possibilità di fare delle domande al rappresentante di una casa editrice così determinante nella storia dell'editoria culinaria è stato un dono immenso, tanto che l'ho intrattenuto al telefono quasi un'ora. Grazie, quindi, per la pazienza a lui, mentre a voi dico buona lettura.
Il punto di vista dell'editore: intervista a Guido Tommasi
Quando è successo che i libri di cucina in Italia hanno cominciato a trasformarsi diventando ciò che sono oggi?
Noi nel ’99 abbiamo cominciato pubblicando la collana di volumi di gastronomia letteraria Parole in pentola. Più avanti, nel 2003, abbiamo portato in libreria i primi libri di Trish Deseine.
In quel momento in Italia avevamo Il talismano della felicità, l’Artusi e Il Cucchiaio d’Argento, ma all’estero si stava sviluppando un segmento del mercato editoriale che trattava la cucina come una forma d’arte, Donna Hay ne era la maggiore rappresentante. Fotografia, grafica, scelta della carta: tutto ciò che ruotava intorno al contenuto scritto veniva sempre più curato nel dettaglio, elevando al massimo anche il senso estetico del libro, cosa che non si era mai fatta prima.
Come è nata la sua carriera da editore?
Ho cominciato da zero, un po’ per scherzo. Ai tempi dell'università pubblicavo le dispense scolastiche, solo per arrotondare. Questa attività ha portato a un successo del tutto inatteso e lì ho capito che poteva diventare anche la mia professione. C’è da dire che alle scuole medie facevo il giornalino della scuola, evidentemente in maniera del tutto inconsapevole c’era già qualcosa che mi legava ai libri e alla carta stampata.
Il cibo è un comune denominatore, un tema trasversale che consente di parlare di tante altre questioni. Avvicina le persone, racconta di noi ed è essenziale alla sopravvivenza. Sono queste alcune delle ragioni che mi hanno avvicinato in seguito a questo settore editoriale.
Oggi la Guido Tommasi Editore comprende Dumont, che pubblica le guide di viaggio dello storico marchio, Luxury Books, della quale Csaba dalla Zorza è stata per anni direttore editoriale, e LupoGuido: dedicata ai bambini.
Abbiamo acquistato il catalogo di Luxury Books nel 2015, spostando il marchio verso il lifestyle, fra moda e arredamento di interni. Come casa editrice ha portato in Italia alcuni grandi food writer, come Nigella Lawson.
A proposito di LupoGuido, da grande appassionato di grafica e illustrazione ho sempre coltivato il sogno di creare una casa editrice di libri per l’infanzia, ma in questo il tempo a disposizione non mi ha mai agevolato. In modo del tutto casuale un giorno ho incontrato Virginia Portioli, eccellente fotografa e grande conoscitrice dell’editoria per l’infanzia, insieme a lei è nata LupoGuido. Si tratta di una piccola realtà che ci sta dando grandi soddisfazioni.
Relativamente al mercato editoriale italiano bisogna sempre tenere in considerzione che non è semplice crescere. La maggior parte delle librerie appartengono ai grandi gurppi editoriali, che giustamente spingono i propri libri. All'estero è tutto molto diverso: in Francia, ad esempio, non esistono le catene, in Germania non esistono nemmeno i distributori, il rapporto fra editore e libreria è praticamente diretto.
A proposito di librerie, qualche tempo fa ho intervistato Marta Zago della Libreria Canova, indagando il punto di vista del libraio. Lei mi diceva che il settore della cucina è un po' calato.
Dopo il 2012 questo segmento editoriale ha cominciato a scendere, anche per una questione di saturazione. È stata un'inflessione fisiologica a mio parere. Tutti scrivevano o pubblicavano libri di cucina, adesso questo pezzo di mercato è occupato da chi sa veramente farli.
Ultimamente avete pubblicato diversi libri che rappresentano i temi caldi e le domande cruciali che ci si sta ponendo in quest'epoca storica intorno all'alimentazione.
Sì, negli ultimi tempi ci siamo dedicati ad alcune pubblicazioni che propongono delle strade ecologicamente sostenibili per continuare a mangiare bene. Il tema del depauperamento delle risorse non è trascurabile, l’obiettivo principale dovrebbe essere per tutti quello di non sprecare.
Prendiamo il pane, se ne butta tantissimo. Io stesso ho cominciato a gestirlo in modo diverso rispetto a una volta: oggi lo acquisto, tengo da parte le fette che consumo, metto il resto in congelatore e lo mangio un po’ alla volta, scaldandolo in forno o nella piastra elettrica. Così non lo compro ogni giorno buttandolo via quando si secca, ma lo stesso acquisto mi dura magari l’intera settimana.
Ci sono molti aspetti modulabili. Penso anche a tutti gli ingredienti secchi che abbiamo in dispensa, che vengono spesso dimenticati. Di base quello che vogliamo è mangiare bene e si può mangiar bene anche utilizzando ciò che è avanzato o attende la scadenza in frigorifero. Ho degli amici che hanno iniziato a organizzare delle cene svuota dispensa. Sono tutte idee originali e spesso anche economiche.
Quindi potrebbe essere questo il futuro?
Sì, sempre con una certa leggerezza. Per esempio, da poco abbiamo pubblicato Grano Saraceno di Bertrand Larcher, che racconta un alimento che dal punto di vista agronomico permette più raccolti all’anno, arricchendo il terreno di sostanze che altre coltivazioni tolgono, migliorando la qualità del suolo. In cucina consente la produzione di ottime ricette.
Questo genere di pubblicazioni consentono di fare ragionamenti diversi e migliori, di vagliare altre opzioni.
Come selezionate i libri che volete pubblicare?
Dipende. A volte succede che l’autore arriva con una sua proposta e se ci piace la portiamo avanti, oppure ci capita di essere noi a individuare degli autori adatti a sviluppare delle tematiche che vogliamo portare in libreria. La voce dell’autore è una caratteristica essenziale, la sua storia e la sua chiave di lettura sono il centro del racconto, anche perché la cucina rimane sempre un modo di esplorare nuovi mondi.
In tanti anni di libri pubblicati ce n'é uno che le è rimasto particolarmente nel cuore?
Sicuramente Si cucine cumme vogl'i'..., la cucina povera di Eduardo De Filippo raccontata dalla moglie Isabella Quarantotti. È stato il primo che abbiamo prodotto e ha una bella storia dietro.
Ricordo che, in maniera del tutto casuale, avevo trovato il menu di una cena di RaiSat, che allora trasmetteva la tv satellitare. All'interno c’erano alcune quartine mai pubblicate che Eduardo De Filippo aveva scritto in tema gastronomico. Impossibile capire come le avessero scovate.
Entusiasta della scoperta, ho recuperato l’indirizzo di un avvocato che gestiva i diritti dell’autore e aveva contatti con la sua famiglia. A quel punto ho scritto a Isabella Quarantotti, terza moglie di De filippo e grande autrice, proponendole di fare un libro su Eduardo ispirato al suo rapporto con il cibo. All'epoca ero un trentenne di belle speranze, non contavo molto su una risposta. Era giugno e lei trascorreva le sue vacanze a Positano, perciò sono passati tre mesi nel silenzio. Tornata dalle vacanze, Isabella ha ricevuto la lettera e mi ha risposto entusiasta. Ci siamo visti e da lì, finché è rimasta in vita, abbiamo coltivato una bella amicizia, era una persona vivace e di grandissimo carattere e sono andato a farle visita almeno due volte l’anno.
Altri titoli che non posso dimenticare sono Cucina Bruta di Jérôme Dumoulin e Nicolas Le Bec, forse uno dei più bei libri che abbiamo pubblicato. Piccoli spuntini tra amici di Trish Deseine ha dato vita alla collana Illustrati, mentre il primo libro sulle bevande che abbiamo realizzato è Anthologin di Maurizio Maestrelli e Samuele Ambrosi. Confesso di essere un amante del vino e meno dei cocktail, ma il gin tonic ogni tanto lo bevo volentieri, per questo mi entusiasma l'idea di aver realizzato un libro proprio sul gin.
Sono anche affezionato a Cucina milanese contemporanea di Cesare Battisti e Trieste in cucina di Marina Raccar e Rita Mazzoli, perché rispecchiano un po' le mie due anime. Sono nato a Milano, ma mio padre era triestino. La prova che in questi libri c'è sempre molto anche di me.
Per concludere, vi svelo il mio libro del cuore di Guido Tommasi Editore
Si intitola California Bakery, i dolci dell'America e racconta la storia e le ricette del forno americano che nei primi anni 2000 ha conquistato Milano. L'ho sempre letto come fosse una favola moderna e oggi quando lo sfoglio mi emoziono, perché mi ricorda il periodo nel quale ho cominciato ad appassionarmi ai testi culinari. Quando arrivavo a Milano mi sentivo un po' come "Caterina va in città" e prendere una fetta di cheesecake da California Bakery, proprio come quella del mio libro preferito, mi sembrava una delle più esilaranti attività possibili.
Ripensandoci, quel testo è stato pura avanguardia, un esempio di racconto d'impresa perfettamente riuscito. Personalmente, mi ha fatto venire ancora più voglia di scrivere e raccontare la vita intorno al cibo. Ancora oggi, ogni volta che voglio preparare un buon dolce americano è il primo che sfoglio.